Vanno in crisi due banche che stanno da una parte all’altra dell’oceano e serpeggia un po’ di timore. Ma, analizzando le diverse storie e i vari contesti, non è difficile cogliere nell’accaduto lo sbocco di vicende particolari (per alcuni aspetti prevedibili). Alla base, una questione di (s)fiducia degli investitori e di regolamenti talora troppo permissivi; comunque nulla di che debbano preoccuparsi i clienti della banche italiane ed europee. L’opinione e i consigli di Luca Ricchieri, Vice Direttore Generale e Direttore Centrale Finanza di Banca Patavina
Una banca americana e una svizzera: vanno in crisi due istituti di credito di Paesi molto lontani e soprattutto apparentemente solidi (soprattutto la Svizzera). Cosa è successo?
“Le banche in tutto il mondo basano la propria operatività sulla fiducia che in esse ripongono i clienti che vi depositano il proprio denaro. La due banche citate, di fatto, hanno sofferto di un improvviso e specifico calo di fiducia nato da situazioni specifiche, diverse ma ugualmente rilevanti. La Silicon Valley Bank era una banca regionale americana, fortemente concentrata sulle imprese locali caratterizzate da forte innovazione tecnologica, sostenuta da grandi investimenti. La rapida crescita dei depositi di questa banca, provocata negli anni scorsi dall’eccesso di liquidità voluto per contrastare la recessione da Covid, l’ha indotta a investire massicciamente in titoli di Stato a lungo termine per guadagnare la differenza di tasso tra depositi a vista e impieghi a lungo termine. Quando la politica monetaria della FED ha iniziato ad innalzare i tassi, la banca ha cominciato a perdere sui propri investimenti e ha chiesto al mercato un cospicuo aumenti capitale. I depositanti, pochi ma con grandi cifre, hanno ritirato contemporaneamente i propri fondi, grazie alle diposizioni elettroniche che non richiedono di andare allo sportello. La Banca è così divenuta insolvente, perché ha perso depositi ma non è stata in grado di vendere i titoli in portafoglio e, quando lo ha fatto, ha perso altro denaro per il calo di valore di questi ultimi. Credit Suisse, invece, è stata contagiata dal calo di fiducia poiché non navigava già in acque tranquille a causa di errati investimenti sia su titoli che su derivati, che l’avevano recentemente costretta a una massiccia ristrutturazione e a un aumento di capitale finanziato da soggetti del Medio Oriente; questi azionisti in petrodollari, dichiarandosi non più disponibili ad altri interventi di sostegno, hanno accelerato la fuga dei depositi di tutta la clientela che aveva perso fiducia nella banca. Si tratta quindi di fenomeni specifici, ma legati entrambi al tema della fiducia e della regolamentazione dell’attività bancaria vigente nei Paesi di origine di queste banche”.
Quindi non siamo di fronte a una crisi "globale" del sistema bancario?
“Non direi; mi sembra piuttosto di poter sostenere che la diversa regolamentazione ha consentito ad alcune realtà di prendere più rischi di quelli che erano razionalmente in grado di sopportare. Questo, in base alle regole dell’Unione Europea, implementata da BCE, non è possibile nella UE. I regolamenti sono infatti molto più stringenti e i controlli della Banca centrale molto più intensi; inoltre, tale regolamentazione si estende a tutte le categorie di banche. Infatti, nel caso specifico del Credito Cooperativo, dalla costituzione del Gruppo bancario Iccrea (quarto gruppo bancario italiano), le norme che regolano l’attività delle singole BCC sono le medesime che si applicano ai colossi nazionali e i controlli sono molto pressanti. Il diverso quadro normativo europeo e nazionale, implementato in questi ultimi anni, rende impossibile il realizzarsi di eventi similari a quelli visti nelle banche entrate in crisi. I movimenti nei prezzi delle banche quotate, che abbiamo visto sul nostro listino, sono più che latro fenomeni speculativi di breve periodo e non vi sono motivi di sostanziale preoccupazione. Va quindi distinta la speculazione in borsa dal reale stato di salute delle banche che, come ho detto, è più che buono, grazie alle limitazioni volute e vigilate da BCE”.
Queste turbolenze possono toccare l’Italia?
“ Direi proprio di no; tuttavia è bene ricordare che quanto accaduto a qualche banca nel mondo è il rovescio della medaglia di anni di politiche monetarie ultra espansive (ricordate i tassi negativi vigenti sino all’estate del 2022?) portate avanti dalle principali Banche centrali mondiali, che ora , di fronte all’inflazione elevata, cercano di alzare velocemente i tassi di interesse e ridurre la liquidità (quantità di denaro) in circolazione, per combattere l’erosione del valore del denaro prodotta dall’inflazione. I risparmiatori italiani devono quindi essere consci che i tassi sui mutui/prestiti saliranno e che il valore di mercato dei titoli di Stato scenderà. Qualche turbolenza nei mercati finanziari ci potrà essere ma, rimanendo fedeli al proprio orizzonte temporale nell’investimento, evitando di farsi prendere dall’angoscia per il calo momentaneo di valore dei vari prodotti finanziari, si potrà tornare a vedere il sereno”.
Qualche suggerimento....
“Abbiamo vissuto il passato 2022, statisticamente un anno assolutamente atipico, in cui tutti i mercati finanziari sono scesi contemporaneamente e molte economie mondiali hanno avuto problemi specifici. In altre parole, tutta la negatività possibile si è concentrata in un singolo esercizio, Oggi vediamo il quadro cambiare; ci sono molti segnali positivi per gli investimenti, che hanno solo necessità di tempo per potersi manifestare compiutamente. Le correlazioni tra le varie classi di attivi hanno ripreso a funzionare correttamente, l’economia globale si sta riaprendo in modo ordinato, i Paesi più sofferenti a causa della pandemia da Covid stanno superando l’evento e la guerra in Europa impatta meno delle materie energetiche. Ci sono quindi i presupposti per investire ora approfittando di prezzi che, tra qualche mese, ci potranno apparire occasioni “da saldo” che valeva assolutamente la pena di cogliere. Se dovessi dare un consiglio pratico, direi di seguire con attenzione gli investimenti nel comparto obbligazionario (magari usando sicav e fondi che pagano cedole periodiche se necessarie) e di avviare piani di accumulo sull’azionario che è destinato a dare soddisfazioni nei prossimi anni grazie alla ripresa dei consumi ed ai cambiamenti tecnologici in atto”.