La crescita al ribasso e la responsabilità della stretta monetaria, ma anche le molte incertezze legate alla situazione geopolitica e alle “turbolenze” climatiche. Per fortuna l’inflazione scende e l’aumento dei tassi potrebbe arrestarsi, creando una situazione favorevole ai mercati finanziari. Dal prossimo anno probabilmente si potranno già vedere i benefici effetti di un'inversione di rotta da parte di BCE, complice una crescente difficoltà dell’economia reale. Il parere di Luca Ricchieri, Vice Direttore Generale e Direttore Centrale Finanza di Banca Patavina.
La notizia che domina i quotidiani economici, e non solo, è la modifica al ribasso delle previsioni di crescita dell’economia europea elaborate dalla Commissione UE. I numeri sono impietosi e non fanno altro che confermare quanto emerso nelle stime calanti dei vari indicatori PMI riferiti alla manifattura e ai servizi, emersi nelle scorse settimane.
Come ampiamente riportato dalle fonti di stampa, la Commissione Europea ha abbassato le stime di crescita dell’Eurozona prevedendo per il 2023 una crescita del Pil a +0,8% (da +1,1%) che diviene +1,3% ( da +1,6%) per il 2024. Il calo è la diretta conseguenza della crescente stretta monetaria praticata dalla BCE che blocca investimenti (-4% il calo dei prestiti alle imprese) e consumi privati (-0,3% i finanziamenti alle famiglie), ma deriva anche dalla crescente incertezza indotta da un quadro geopolitico bloccato in una guerra senza sbocchi immediati ai nostri confini cui si sommano i crescenti rischi climatici recentemente sperimentati. Il calo dell’attività economica si accompagna tuttavia ad un graduale rientro dell’inflazione, che è vista scendere ad una media di 5,6% (da 5,8%) nel 2023 e 2,9% (da 2,8%) nel 2024; si tratta di valori ancora elevati ma inseriti in un sentiero di progressivo calo così come auspicato dalla banca centrale.
Per l’Italia la crescita attesa è stata stimata a +0,9% (da +1,2%) per il corrente anno e +0,8% (da +1,1%) per il prossimo. L’abbattimento delle previsioni di crescita ha inevitabili riflessi sulla finanza pubblica, in modo particolare nel nostro Paese, riducendo gli spazi di manovra per gestire il rilancio economico e contrastare le crescenti difficoltà di famiglie e imprese. Essa ha tuttavia implicazioni di più ampio respiro che è opportuno valutare con attenzione.
Infatti, se il sentiero di drastico aumento dei tassi di interesse imboccato dalla BCE, inizia a manifestare i propri effetti sulla domanda aggregata, significa che la strada intrapresa per contrastare l’inflazione sta iniziando a dare concreti segnali di successo; ciò implica che, le decisioni odierne di BCE (rialzo dei tassi ufficiali di 25 bp), preludono ad un periodo di stabilità e non vi è la necessità immediata, ma probabilmente neppure prospettica, di insistere sulla strada dell’ulteriore e significativo rialzo dei tassi. In sostanza, al di là di quanto può accadere di qui a fine anno (che può essere influenzato da dati dovuti a situazioni contingenti) ci stiamo avvicinando velocemente al turn around (giro, una capovolgimento) dei tassi di interesse che è una condizione di straordinario favore per i mercati finanziari. Questi ultimi infatti tendono a guardare ad orizzonti di medio termine anticipando gli andamenti macroeonomici e i segnali delle politiche monetarie delle banche centrali.
Quindi, ciò che, come consulenti, dobbiamo comprendere e comunicare ai clienti è che il periodo di cospicui rialzi dei tassi di interesse sta volgendo al termine; dal prossimo anno si potranno già vedere i benefici effetti di una inversione di rotta da parte di BCE, complice una crescente difficoltà dell’economia reale che è mal sopportata dalla classe politica in costante ricerca di consenso.
Si stanno dunque creando le premesse per una finestra di opportunità di guadagno importante che potrà essere colta utilizzando prodotti di risparmio gestito a contenuto obbligazionario che vanno acquistati ora per gestire correttamente il market timing; attendere il ribasso dei tassi per entrare nel mercato è infatti il più classico degli errori descritti dalla finanza comportamentale.
Operativamente è dunque il momento di proporre l’investimento in prodotti di risparmio gestito di tipo obbligazionario anche tramite un abbinamento tra strumenti differenti. Viceversa, sui mercati azionari è ancora consigliabile la prudenza; pur essendo una componente essenziale di qualsiasi portafoglio, le azioni vanno ora acquistate tramite pac (anche di importo significativo) gestendo con calma la esposizione a questa asset class che, va ricordato, ha già performato in maniera significativa nel corso del 2023.
Siamo dunque alla vigilia un cambiamento nel trend dei tassi di interesse che, se colto per tempo e con strumenti idonei a sfruttarne i benefici, può dare soddisfazione ai clienti ed ai consulenti che li seguono.
Luca Ricchieri